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I cibi detox per depurarsi a tavola

I cibi detox favoriscono la depurazione dell’organismo e aiutano a smaltire le tossine in eccesso che facilitano gonfiore e chili in più: ecco quali sono. Depurarsi è importante in ogni stagione. Durante l’inverno mangiare di più è naturale, ma non deve diventare la regola: se non manteniamo uno stile di vita sano e gli sgarri diventano frequenti, il nostro organismo subisce uno stress che spesso, soprattutto appena inizia la primavera, si manifesta con stanchezza, gonfiore e spossatezza. Inoltre le abitudini scorrette come il consumo di alcol, la sedentarietà, il fumo possono peggiorare ulteriormente la situazione, favorendo l’accumulo di tossine in eccesso. La soluzione è riequilibrare, con un’alimentazione sana, lo stress calorico-ossidativo a cui abbiamo sottoposto l’organismo. E aiutarlo a depurarsi ogni giorno, scegliendo i cibi giusti. Esistono in natura, infatti, degli alimenti depurativi ricchi di antiossidanti e vitamine che ci consentono di smaltire le tossine. Ecco una lista dei principali cibi detox, fondamentali per detossinare l’organismo, che agiscono direttamente su fegato e reni, e allontanano il rischio dei chili in più. Cipolla rossa Ricca di allicina e zolfo, aiuta il fegato a smaltire le tossine e le sostanze di scarto. È una buona fonte di fibre prebiotiche, come l’inulina, che favoriscono la regolarità intestinale e la buona funzionalità dell’intestino. Ha poi un elevato contenuto di acqua e potassio che aiuta a smaltire le tossine attraverso la diuresi. Fagiolini I fagiolini sono dei legumi che hanno caratteristiche un po’ diverse dagli altri, in quanto contengono una minore quantità di proteine e un’elevatissima quantità di acqua, intorno al 90%. Sono, inoltre, ricchi di potassio e di fibre, svolgono un’azione depurativa e aiutano il lavoro dei reni. Asparagi Tra i vegetali, l’asparago è l’alimento con il maggior contenuto proteico, il 4%. Contiene anche moltissima fibra e acqua ed è molto utile per migliorare

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Acquario: la meraviglia del mondo subacqueo in casa

Un angolo di natura da approcciare con competenza e preparazione nel rispetto degli animali e delle piante ospiti Di Alberto Piastrellini Nella ricerca, spesso dettata da ridicole mode che a distanza di tempo spingono verso questa o quella razza di cane o di gatto nella scelta per il proprio animale domestico che, in molti casi, purtroppo, sfocia in una manifestazione di status symbol piuttosto che nella semplice esigenza di affezione e compagnia, da qualche decennio, complice la riduzione dei costi di acquisto, si è sempre più affermato il piacere verso l’acquario e l’acquariologia. L’acquario, tanto quello marino (molto impegnativo), quanto quello di acqua dolce (mediamente impegnativo e comunque più abbordabile per i neofiti), ha l’indiscutibile appeal di portare in casa non solo qualche animale da osservare (l’interazione, in questi casi è oggettivamente limitata), ma, nella sua forma più corretta, tutto un piccolo ambiente naturale funzionale al benessere dell’animale stesso e delle diverse specie coinvolte. Acquariofili appassionati e studiosi dilettanti, si divertono, in questo senso, a ricreare nel piccolo habitat specifici che ricalcano le caratteristiche di singoli laghi o fiumi con tutta la relativa ricchezza delle specie coinvolte. L’acquario consente, quindi, un’osservazione privilegiata di fenomeni naturali e dei comportamenti animali normalmente “nascosti” alla vista dei più se si esclude la pratica della subacquea ricreativa e della ricerca specifica. Ma non solo, osservare un acquario è sempre un’esperienza stimolante e allo stesso tempo rilassante: forme e colori di pesci ed invertebrati stuzzicano la fantasia e la curiosità mentre il movimento degli animali nell’acqua induce un senso quasi ipnotico di pace e di relax. Non a caso, già da tempo studi di medici, dentisti, psicologi e psicoterapeuti, ospitano acquari nelle sale d’attesa ove i pazienti possono decomprimere le loro ansie. Il senso della vista, poi, non è l’unico ad esserne stimolato perché, anche

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Acido folico: vitamina importante per le mamme e non solo

Un recente studio dell’Università di Copeaghen ha rilevato che la carenza di acido folico nel sangue determinerebbe anomalie cromosomiche più dannose di quanto finora si pensasse. Di Carmela Marinucci Il folato, noto anche come acido folicoo vitamina B9, è una vitamina essenziale per la salute umana, tant’è che la ricerca scientifica ha collegato la sua carenza ad una serie di malattie, tra cui anemia, malattie mentali, demenza senile, cancro. Il deficit di folato durante la gravidanza è anche associato a difetti alla nascita tra cui difetti del tubo neurale (deformazione del cervello e del midollo spinale). È difficile trovare oggi una donna incinta che non conosca l’importanza del folato nella prevenzione dei difetti congeniti.  Tuttavia, poiché il corpo non può immagazzinarlo, il folato deve essere ricavato da alimenti che ne sono ricchi, come verdura e frutta o con l’assunzione di integratori di acido folico.  Fino ad ora, però, i ricercatori non erano mai stati in grado di stabilire la causalità, cioè se la deficienza di folato causi direttamente i disturbi o se questi siano l’effetto secondario della carenza di folati.  Un recente studio (Folate deficiency drives mitotic missegregation of the human FRAXA locus)pubblicato sulla prestigiosa rivista PNAS–Proceedings of the National Academy of Sciencesha fatto un po’ di luce sulla questione.Lo Studio è stato sostenuto in parte dal Progetto europeo CHROMAVISION, finanziato dall’UE nell’ambito del Programma Horizon 2020e che si concluderà a maggio di quest’anno, volto a comprendere appieno la gamma di malattie legate agli errori nella divisione cellulare e i meccanismi cromosomici, favorendo così la scoperta di farmaci.  I risultati dello Studio, condotto presso l’Università di Copenaghen, indicano che la carenza di folato può causare problemi legati alla divisione cellulare e alla replicazione del DNA. “Nello studio, dimostriamo che la deficienza di acido folico porta a livelli più elevati di anomalie cromosomiche più dannose di quanto si pensasse in precedenza– ha affermato uno degli autori dello

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I Disturbi del Comportamento Alimentare

Come chiedere aiuto. Di Serena Lepri I Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) sono patologie subdole e complesse, estremamente poliformi e difficili da trattare, che affondano le loro radici eziopatologiche nell’ambito clinico-nutrizionale e in quello psicologico-psichiatrico. Il disagio delle persone affette da DCA risiede nella mente ma l’alimentazione e il conseguente cambiamento del corpo sono le manifestazioni cliniche del disturbo. Si può affermare che i Disturbi del Comportamento Alimentare siano delle nuove forme di depressione attraverso le quali le persone manifestano e affrontano il disagio di un dolore profondo, che va oltre al cibo. L’alimentazione, infatti, rappresenta solo la manifestazione visiva dell’inquietudine psicologica. I DCA più conosciuti sono l’Anoressia Nervosa (AN), la Bulimia Nervosa (BN) e il Disturbo da Alimentazione Incontrollata (DAI o BED) ma ne esistono altri, classificati nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM), come quelli infantili. Infatti, l’età di insorgenza si sta abbassando sempre di più: si è spostata dai 16-17 anni ai 12-13 anni. Tali problematiche sono state definite delle “patologie al femminile” ma in realtà negli ultimi anni si stanno diffondendo anche nel mondo maschile (soprattutto con la Bigoressia e l’Ortoressia), andando a scardinare l’idea di una patologia di genere. Sempre più persone soffrono di questi disturbi tanto che i DCA stanno diventando una vera e propria epidemia sociale. Allo stesso tempo, sempre più persone ne possono uscire grazie a un intervento specifico e mirato, affrontando la problematica insieme a un’equipe di esperti terapeuti. Data la multifattorialità dell’eziologia dei DCA, l’approccio multi-interdisciplinare sembra essere la terapia migliore: medici, psicologi, psichiatri, nutrizionisti, dietisti, counsellor familiari e filosofici collaborano e integrano le loro conoscenze al fine di aiutare il paziente nella remissione della patologia. La prevenzione e la diagnosi precoce rappresentano i presupposti di base per la guarigione, il cambiamento. Proprio per questo motivo, è fondamentale

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15 marzo 2019: prima giornata nazionale sui disturbi alimentari

Per la prima volta la giornata sui disturbi alimentari che si celebra il 15 marzo ha un riconoscimento istituzionale. Colpite ogni anno oltre 3 milioni di persone; in Italia il 70% sono adolescenti.15 marzo 2019: prima giornata nazionale sui disturbi alimentari Di Annarita Felcini Il 15 marzo 2019 è la prima giornata nazionale per la lotta contro i disturbi alimentari ad essere riconosciuta a livello istituzionale. Una giornata importante, incentrata su un argomento sul quale non si possono più chiudere gli occhi: in Italia sono oltre 3 milioni le persone che hanno problemi di peso, cibo e immagine corporea; di queste, il 70% sono adolescenti. Infatti, tra i 12 e i 25 anni, i disturbi alimentari costituiscono la prima causa di morte per malattia. Ogni anno in Italia muoiono di anoressia e bulimia 3.240 persone; il 20% dei casi riguarda bambini e ragazzi tra gli 8 e i 14 anni. Insomma, i disturbi alimentari stanno ormai assumendo le caratteristiche di una vera e propria epidemia sociale, ma solo il 10% di chi soffre chiede aiuto. Per questo è nata la giornata dedicata alla lotta contro i disturbi alimentari che, in realtà, è giunta all’ottavo appuntamento, ma solo quest’anno le istituzioni pubbliche le hanno conferito un riconoscimento istituzionale. Simboleggiata dal fiocchetto lilla, la giornata è celebrata in tutto il territorio nazionale, in particolare nelle grandi città, dove sono allestiti punti d’informazione aperti a tutti: l’obiettivo è, infatti, quello di rendere consapevoli le persone dell’esistenza di questi disturbi, così da conoscerli e intervenire preventivamente. Nelle sedi di alcune associazioni (come Never Give Up, la onlus di professionisti che dal 2014 si occupa di sensibilizzare, prevenire, intercettare i fattori di rischio e trattare precocemente i Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione), è possibile ascoltare la testimonianza di chi ha dovuto lottare per combattere i

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Cucina dei fiori: bella da vedere, buona da mangiare

Chi ha detto che i fiori sono solo belli da vedere?Martina Göldner-Kabitzsch ha creato un vero e proprio business che ruota attorno a essi.I fiori che crescono nel suo giardino non finiscono in un vaso ma sono gli ingredienti per creme, gelatine e sciroppi. Di Anna Rita Rossi Martina Göldner-Kabitzsch ha avviato la sua attività nella cittadina di Schöneiche, vicino Berlino. La sua “cucina dei fiori” è stata fondata più di 20 anni fa; a ispirarla? Un viaggio in Provenza. I fiori, secondo Martina, non solo sono belli da vedere, ma introducono nei piatti cucinati un gusto completamente nuovo, inaspettato, insolito. Per avere ingredienti a portata di mano, sempre freschi, la signora Göldner-Kabitzsch ha creato un giardino di circa 120 metri quadrati dove coltiva tutti i tipi di fiori. Nella cucina di fiori se ne distinguono tre diversi tipi: Fiori con un odore e un sapore ben definiti, decisi, e facilmente riconoscibili quando si assaggiano; sambuco, gelsomino, lillà, lavanda e rosa sono i rappresentanti di questo primo tipo. Il secondo tipo di fiori non ha odore e il sapore è aspro, un esempio? La begonia. I fiori del terzo tipo si distinguono per il loro bell’aspetto, come fiordalisi, papaveri e viole, non profumano e hanno poco sapore. Martina Göldner-Kabitzsch oltre a vendere i suoi prodotti elargisce consigli alla sua clientela con cui ha rapporti molto stretti. Inoltre, ha anche aperto un bar dove è possibile gustare le sue singolari creazioni e bearsi con un mondo di sapori assolutamente nuovi.
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Latte d’asina, tesoro di natura per il benessere e la bellezza

Usato nei secoli da regine e imperatrici non è solo un ingrediente di cosmetici al top, ma anche un alimento sano da conoscere e riscoprire. Di Alberto Piastrellini Si narra che la bellissima Poppea Sabina, seconda moglie dell’imperatore Nerone, usasse concedersi bagni di bellezza immergendosi nel latte di centinaia d’asine allevate appositamente allo scopo e che altrettanto facesse l’avvenente Cleopatra. In tempi più recenti anche Paolina Bonaparte, Josephine de Beauharnais e l’imperatrice d’Austria più nota come Sissi hanno usufruito di questo latte “miracoloso” per donare morbidezza e giovinezza alla loro augusta pelle. Ma sarà vero? Scopriamo insieme quali sono le caratteristiche del latte d’asina che a partire da Ippocrate e passando dalla narrazione di Plinio il Vecchio, ha attraversato orgogliosamente indenne tutta la storia della medicina e della cosmesi occidentale per essere “riscoperto” oggi come ingrediente d’elezione per prodotti legati alla salute e alla bellezza. Durante il viaggio, poi, andremo anche a conoscere una giovane veterinaria che ha trasformato la sua grande passione per questi animali in una vera e propria attività di impresa fondando una azienda agricola, tutta al femminile, che, a partire dall’allevamento di 40 asini produce e vende latte d’asina e prodotti cosmetici derivati. Il tutto nel pieno rispetto del benessere degli animali, allevati allo stato semibrado sulle splendide colline marchigiane di Colmurano (MC) a due passi dal Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Il latte d’asina: caratteristicheSimile, per composizione, al latte materno della specie umana, il latte di Equus asinus si distingue dal latte vaccino per il basso tenore lipidico (quindi minor materia grassa) ed un elevato tasso di lattosio. Estremamente digeribile, le sue caratteristiche chimiche lo rendono poi alimento elettivo per quei bambini che dimostrano allergie ed intolleranze alimentari nei confronti delle proteine contenute nel latte vaccino nonché un valido sostituto per quelli che non possono

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Haidilao: un ristorante dove mentre aspetti di mangiare ti fanno la manicure

In certi ristoranti cinesi, il cibo fa da contorno a una serie di singolari servizi e passatempi offerti dai camerieri alla clientela. Volete un ristorante che vi proponga gustose pietanze cinesi, ma non avete fretta, e per di più avete dimenticato di fare la manicure? Non c’è problema: in Cina ci sono ristoranti dove, in attesa del vostro Hot Pot o fondue cinese (stufato dell’est asiatico che esiste in molte varietà) vi faranno le unghie – e non solo. Haidilao è una catena di ristoranti di piatti caldi fondata nel 1994, nella provincia del Sichuan in Cina, dove il termine significa “fortuna”.L’avventura di Zhang Yong, l’uomo d’affari cinese, miliardario, fondatore del gruppo di ristoranti Haidilao, inizia con un piccolo negozio che vendeva malatang (cibo cinese da strada, particolarmente popolare a Pechino). Con il tempo la modesta attività si è trasformata in una catena di ristoranti che al momento annovera varie sedi, non solo in Cina. La caratteristica vincente di questi ristoranti (quotati nella borsa di Honk Kong a un miliardo di dollari) è quella di aver intuito che i clienti, seduti al tavolo davanti a un Hot Pot che arriva bollente e si mangia condividendolo con gli altri commensali, possano ingannare l’attesa grazie a servizi accessori, offerti dalla casa, che vanno dalla lucidatura delle scarpe alla manicure fino ai giochi da tavolo (mahjong). Il personale dei ristoranti Haidilao si destreggia per soddisfare la clientela che affronta code interminabili, pur di accaparrarsi un tavolo e godere dei singolari servizi dei camerieri lustrascarpe, estetisti ed esperti di origami. Forse, questa singolare catena di ristoranti arriverà presto anche in Occidente. Auguriamoci, quindi, di poter vedere in azione i camerieri di Haidilao che si dilettano anche in spettacoli drammatici e di danza ispirati ai piatti che avete appena ordinato. Anna Rita Rossi
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Pizza soffice con lievito madre

le proprietà del lievito madre Il lievito madre, detto anche pasta madre o acida, è un argomento molto in voga nell’ultimo periodo, sia nelle pizzerie e panetterie che in casa. Ma si conoscono veramente le caratteristiche e le peculiarità di questo ingrediente? Inoltre, è vero che apporta dei benefici al nostro organismo? Per rispondere a queste domande è bene fare un viaggio tra le proprietà chimiche e nutrizionali del lievito madre. La pasta madre è un impasto di farina e acqua che subisce una fermentazione spontanea da parte di particolari tipi di microrganismi a partire da semplici substrati provenienti dalla farina, dall’acqua, dall’aria e dalle nostre mani. Tra questa vastità di microrganismi, nell’impasto predominano i batteri lattici che vivono, si moltiplicano e muoiono. Infatti, il lievito madre, a differenza del lievito di birra, è un “organismo vivo” che va nutrito e reimpastato, di tanto in tanto, con i suoi substrati: farina e acqua. Un’altra differenza da sottolineare tra il lievito madre e di birra è che quest’ultimo è formato da un unico ceppo di microrganismi (Saccharomyces cerevisiae). Si capisce, quindi, come la grande varietà di microrganismi che si trovano nel lievito madre possano rappresentare un plus per questo particolare ingrediente in quanto sono degli agenti benefici per il nostro organismo. Infatti, una pizza o un pane preparato con il lievito madre risulta più leggero e digeribile in quanto i numerosi microrganismi ci aiutano nella digestione. Bisogna sottolineare, però, che le preparazioni contenenti il lievito madre richiedono maggiori tempi di lievitazione rispetto a un impasto fatto col lievito di birra. Tuttavia, questo “problema” può essere risolto con un po’ di organizzazione, preparando l’impasto per la pizza verso l’ora di pranzo per la sera stessa. Premettendo che il lievito madre è ormai fruibile nella maggior parte delle panetterie e pizzerie, si può

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