Caterina II di Russia: imperatrice illuminata, mecenate e “Grande” donna

Molte donne hanno lasciato un segno tangibile nella storia, grazie alla loro intelligenza e alle loro capacità.

Caterina II di Russia ha addirittura guadagnato l’appellativo di “Grande”.

Di Anna Rita Rossi

Nel saggio-romanzo di Virginia Woolf “Una stanza tutta per sé” (A Room of One’s Own) del 1929, considerato un testo cult della seconda ondata del movimento femminista degli anni ’60, la scrittrice inglese afferma che “For most of history, Anonymous was a woman” (Per gran parte della storia, l’Anonimo era donna). Più tardi questa affermazione è stata aneddotticamente trasposta in “Dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna”.

Ma non tutte le donne sono rimaste alle spalle di un uomo, molte sono emerse dall’ombra e hanno brillato di luce propria, ritagliandosi nella storia un posto unico e ben definito. Una di queste è stata Caterina II di Russia, nota come, Caterina la Grande.

Era il 17 novembre 1796, Caterina si era alzata e, come di consueto, aveva bevuto il suo caffè. Si era poi dedicata alla corrispondenza e agli studi e più tardi, era andata nel suo gabinetto privato. Preoccupato per la sua prolungata assenza, il suo attendente Zakhar Zotov aveva aperto la porta della stanza e aveva trovato l’imperatrice distesa sul pavimento: il volto violaceo, il polso debole, il respiro rantolante. Sollevata e condotta nella sua camera, Caterina fu visitata dal protomedico di corte, John Rogerson, chiamato d’urgenza, che diagnosticò che l’imperatrice aveva avuto un attacco cardiaco. Ogni tentativo di rianimarla fu vano e Caterina non si riprese più dal coma e alle 21:45, morì.

Così si concluse la grandiosa vita di Caterina II, ovvero Sofia Federica Augusta di Anhalt-Zerbst.

Caterina non era bella: aveva il naso troppo lungo; il mento era pronunciato; le labbra erano sottili e i suoi grandi occhi azzurri lanciavano sguardi severi e profondi. La giovane donna, però, aveva ben altre qualità: una curiosità innata e un’intelligenza vivace, e grazie a queste doti, dalla natia Stettino, in Pomerania (regione storica situata nel nord della Polonia e della Germania, sulla costa meridionale del mar Baltico), giungerà in Russia per contrarre matrimonio con l’erede al trono dell’Impero russo: il granduca Pietro Fëdorovič, futuro Pietro III di Russia.

Ero solita dirmi che felicità e miseria dipendono da noi stessi. Se ti senti infelice, ergiti sopra l’infelicità, e fai che la tua felicità sia indipendente da tutto ciò che ti accade intorno“.

Questa frase di Caterina definisce bene il suo carattere e le scelte che farà nella vita a cominciare dal colpo di Stato (luglio 1762) con cui detronizzò suo marito, uomo brutale e vizioso, assai malvisto dalla nobiltà.

Caterina era una donna libera e decisa che riuscì a dirigere il suo destino e che influenzò la storia e la politica russa durante gli anni della sua reggenza. Restaurò le finanze dell’impero, riformò il governo locale, istituendo dei governatori e proseguì il programma di Pietro I il Grande (1672 – 1725) che aveva iniziato l’opera di occidentalizzazione della Russia, adoperandosi affinché il grande Paese esteso più in Asia che in Europa potesse conquistare un posto sullo scacchiere politico del vecchio Continente.

Caterina riteneva che il popolo russo dovesse crescere culturalmente e molte sue riforme si concentrarono nel campo dell’educazione. Purtroppo, non tutte le sue disposizioni furono “illuminate”.

Convinta sostenitrice del pensiero illuminista, molte leggi da lei dettate, infatti, migliorarono le condizioni del popolo russo, tuttavia non raggiunsero mai tutte le classi sociali: i servi della gleba (mugiki) ottennero solo di riflesso dei vantaggi.

La sua politica, in generale, fu contraddittoria e Caterina rimane tuttora una figura enigmatica, mossa da forti passioni per gli uomini, l’arte e il potere.

I suoi amori si estinguevano in fretta, bruciati dallo stesso ardore con cui sorgevano, mentre il suo amore per l’arte rimase solido e duraturo. Per coltivare questa sua passione, Caterina fece costruire il Petit Ermitage, un “piccolo rifugio privato” che le consentiva di sfuggire al caos e al trambusto di corte e che, al contempo, custodiva le opere d’arte che l’imperatrice andava acquistando sui mercati europei durante i suoi viaggi.

Le opere raccolte da Caterina potevano essere ammirate solo da un pubblico privilegiato di ospiti e amici ed erano ancora di numero contenuto. Con il tempo, però, la collezione si ampliò a tal punto che fu necessario costruire altri edifici per poter ospitare tutte le opere che l’imperatrice aveva accumulato.

Caterina amava la filosofia e la letteratura e svolse personalmente anche una certa attività letteraria: drammi e ricerche storiche, opere drammatiche, memorie e trattati polemici. Tra le commedie scritte di suo pugno si ricordano “L’ingannato” e “Lo stregone siberiano”.

Fu anche una grande mecenate delle arti e delle scienze: protesse molti intellettuali e artisti fra i quali gli enciclopedisti francesi, Voltaire, Diderot e D’Alembert, che ricambiarono i suoi benefici (la citarono nei loro scritti e contribuirono a consolidare la sua reputazione); convinse il matematico Leonhard Euler a spostarsi a San Pietroburgo; ospitò in periodi diversi alla sua corte i musicisti Domenico Cimarosa e Giovanni Paisiello.

Durante il suo regno invitò molti artisti famosi alla sua corte tra cui il Canova che declinò sempre l’invito. Lo scultore diffidava della Russia per la sua distanza e per il gran freddo (temeva anche per i suoi marmi) e non avrebbe mai immaginato che, invece, alcune sue opere sarebbero finite proprio nel museo dell’Ermitage, che acquisì una collezione delle sue sculture, tra le quali spicca la prima versione delle famose Tre Grazie (la replica è esposta al Victoria and Albert Museum di Londra).

Tutto quello che ha riguardato Caterina II può fregiarsi dell’appellativo “grande”, persino la corona che fu posata sul suo capo all’incoronazione (22 settembre 1762) è “grandiosa”. Realizzata in appena due mesi dal gioielliere di Corte Ekart, su disegno del gioielliere franco-svizzero Jérémie Pauzié che si ispirò all’iconografia della tradizione bizantina, e che costituisce il pezzo più prezioso del tesoro della dinastia dei Romanov, il cui ultimo zar Nicola II la utilizzò per la sua incoronazione nel 1896, prima dell’abolizione della monarchia (1917). La corona è adornata con 4.936 diamanti disposti in splendidi disegni sull’intera superficie del copricapo; per impreziosire i bordi sono state utilizzate 75 perle bianche pregiate di grandi dimensioni, e sormontata da una delle gemme più famose: un enorme e prezioso spinello rosso del peso di 398,72 carati (circa 80 gr.), inferiore per grandezza solo al Samarian Spinel della corona degli Scià di Persia 500 carati (circa 100 gr.).


Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *