Il Caffè: una bevanda inebriante con doti divinatorie

Un lieve mormorio, a seguire un profumo prepotente che si diffonde nell’aria: segnali ben noti a chi ama il caffè, una delle bevande più diffuse e amate in tutto il mondo.

di Anna Rita Rossi

Le origini del caffè pare siano piuttosto lontane: ricercatori hanno trovato scritti risalenti al X secolo che indicano come fosse utilizzato come medicina.
Una leggenda attribuisce la scoperta del caffè a un pastore etiope che aveva notato gli effetti energizzanti di alcune bacche rosse sulle sue pecore.
Con il tempo, dalle bacche si ottenne una bevanda che dall’Etiopia si diffuse in Yemen, dove venne creata la prima piantagione, poi il caffè fu gradualmente coltivato anche in Arabia ed Egitto.
Per assaporare questa preziosa bevanda, gli europei dovranno attendere il XVII secolo e l’intraprendenza dei commercianti veneziani.

Ai nostri tempi, vengono consumate ben 4 miliardi di tazzine al giorno e per qualcuno, specie di mattina, il caffè è diventato un vero e proprio “rito del risveglio”.
Questa bevanda ha avuto famosi estimatori: Bach gli dedicò intorno al 1732 una cantata (Schweigt stille, plaudert nicht “Fate silenzio, non chiacchierate” – BWV 211, nota come Kaffeekantate) che ne decanta il gusto e ne sottolinea la diffusione. Nel brano musicale un padre cerca di vietare, con scarso successo, l’uso di bere caffè alla figlia che farà di tutto per non rinunciarvi.
Sempre in ambito musicale, Beethoven pare avesse una piccola ossessione per il caffè: lo beveva ogni mattina, preparato con 60 grani esatti.
Giuseppe Verdi, a sua volta, sosteneva fosse un balsamo per il cuore e lo spirito.

Il magico infuso è stato anche fonte di ispirazione per famosi cantautori: ‘A Tazza ‘E Cafè cantata da Roberto Murolo è una canzone napoletana scritta da Giuseppe Capaldo nel 1918 e musicata da Vittorio Fassone.
Nel testo della canzone una ragazza scontrosa viene paragonata a una tazzina di caffè: con lo zucchero sotto, ma amara di sopra (tazza ‘e cafè parite: sotto tenite ‘o zzuccaro, e ‘ncoppa, amara site).Un’altra famosa canzone che nel ritornello celebra il caffè è stata musicata da Mauro Pagani con il testo di Massimo Bubola e Fabrizio De André: Don Raffaè.
La canzone nel ritornello ci delizia con un rito cui, neppure in carcere si può rinunciare: bere il caffè, preparato secondo una ricetta di famiglia (Ah che bell’ ‘o café/Pure in carcere ‘o sanno fa/Co’ a ricetta ch’a Ciccirinella/Compagno di cella/Ci ha dato mammà).
Molti altri esempi musicali si possono rintracciare, che celebrano il caffè, vera e propria musa che ha ispirato una notevole produzione di canzoni popolari e impegnate.

Se passiamo dalla musica alla letteratura, troviamo molti autori amanti del caffè. Honoré de Balzac scrisse addirittura un piccolo “Trattato sul caffè” (Traité des excitants modernes, del 1839), e di cui era certamente competente, dato che il famoso letterato beveva ben 50 tazze al giorno dell’amatissima bevanda!
Il suo preferito era una specie di caffè turco forte e denso, a volte, ingeriva i chicchi macinati a stomaco vuoto, metodo che consigliava solo a “hommes d’une excessive vigueur, à cheveux noir et durs, à peau mélangée d’ocre et de vermillon, à mains carrées, à jambes en forme de balustres comme ceux de la place Louis XV”(uomini di eccezionale vigore, con capelli neri e duri, pelle un misto di ocra e vermiglio, mani quadrate, gambe a forma di colonnine come quelle di Piazza Luigi XV).
Prima di lui, pare che Voltaire ne consumasse altrettanto, essendo “illuminato” arrivò alla soglia degli ottant’anni, mentre, ahimè, il povero Balzac morì a soli 51 anni. Søren Kierkegaard, il filosofo, lo preferiva dolce, così versava il caffè bollente su una piramide di zucchero in una “ragionata” scelta tra le sue 50 tazze.
Il milanese Pietro Verri fondò addirittura una rivista con il nome della gustosa bevanda (Il caffè), che divenne il principale strumento di diffusione del pensiero illuminista in Italia, pur trattando di: “cose varie, cose disparatissime, cose inedite, cose fatte da diversi autori, cose tutte dirette alla pubblica utilità”.

Nel Settecento erano spuntati in tutta Europa (Francia, Austria, Italia, Spagna) dei “caffè letterari” in cui si riuniva la cultura borghese del tempo e che rappresentavano il luogo d’incontro preferito per gli intellettuali dell’epoca.

Anche l’arte pittorica ha immortalato a suo modo il caffè, come ad esempio nel Place du Forum, Arles (Terrazza del caffè la sera) di Vincent van Gogh, realizzato nel 1888 e conservato al Museo Kröller-Müller di Otterlo.
Van Gogh per dipingere questo quadro si è ispirato al romanzo: “Bel-Ami” di Guy de Maupassant, come afferma lui stesso in una lettera diretta alla sorella Wilhelmina “l’inizio di Bel Ami contiene una descrizione di una notte illuminata di stelle a Parigi con i caffè vivacemente illuminati sul boulevard ed è pressappoco lo stesso soggetto che ho appena dipinto”.

Ci sono poche bevande che possono vantare i titoli e i riconoscimenti che il caffè ha accumulato in termini di apprezzamento nei secoli, facendone quasi un mito tra le bevande. Inoltre, è prevedibile che la sua notorietà procederà indisturbata.
Su cosa si basa questa previsione? Dai fondi del caffè… ovviamente!

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