abbigliamento

Tartan: il fashion trend sempre attuale e intramontabile

Alla scoperta del tessuto e del disegno tipico delle Higlands che dalla Scozia della tradizione ha saputo reinventarsi in mille declinazioni diverse, sempre sfacciatamente classico. Di Berthina Von Fliesen Irrinunciabile nel corredo maschile e femminile in terra di Scozia dove trame ed ordito ed un uso preciso del colore raccontano storie familiari e l’appartenenza a questo o quel gruppo familiare o Clan. Terribilmente snob per il plaid raffinato su quale imbastire il più elegante dei pic nic in campagna. Fashion e country chic al tempo stesso, perfetto per tessili d’arredo e interni, soprattutto nella stagione invernale Elemento distintivo dell’abbigliamento hipster maschile dove dà il meglio di se nella configurazione “tre pezzi”: giacca, pantalone, gilet; non può assolutamente mancare nel guardaroba femminile. Declinato nel berretto, nei guanti, nella sciarpa, nella mantella (tornata recentemente in auge nelle passerelle dei maggiori brand), ma anche negli inserti di borse, pochette, scarpe e naturalmente nella cravatta e nelle stampe degli ombrelli; dona allo stesso tempo un tocco classico e retrò all’outfit sdrammatizzandone i toni e donando quel tocco di colore e di naturale matericità che immediatamente suggerisce l’aria aperta della campagna e della brughiera; sempre, ovviamente, in chiave Old England. È il Tartan, il tipico disegno dei tessuti in lana scozzesi, ottenuto intessendo fili di diverso colore che si ripetono in una sequenza precisa, tanto nella trama, quanto nell’ordito per generare un disegno dove blocchi e riquadri di colore si susseguono e si sovrappongono in un gioco preciso di intrecci che generano nuances diverse rispetto ai colori di partenza. Il disegno tartan, il cui nome ha un etimo incerto se ha trovato nelle “terre alte” della Scozia, almeno dal XVI secolo il suo territorio di eccellenza, probabilmente ha origini molto più antiche e diffuse, dal momento che una tessitura simile è stata rinvenuta in frammenti

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Seta: l’affascinante storia di un tessuto che ha fatto la storia

Vi siete mai chiesti da dove arriva e come sia stato prodotto quel prezioso indumento di seta che indossate?Se l’aveste fatto, ora sapreste che i racconti più affascinanti riguardano cose comuni, con cui abbiamo a che fare tutti i giorni. di Anna Rita Rossi Taffetà, Georgette, Chiffon, Organza, Raso, Lampasso, Broccatello, Velluto, Damasco, Crêpe, Shantung, e la lista è ancora lunga. Di sicuro riconoscerete qualche nome tra questi, altri vi saranno ignoti, eppure sono tutti tessuti di seta. Nel vostro guardaroba forse custodite gelosamente qualche camicia o un vestito di seta e indossandoli, quasi sicuramente, non vi siete mai chiesti da dove provenga il tessuto di cui sono fatti. La seta ha una lunga storia e per reperirne le origini dobbiamo spostarci nel XXVIII secolo a.C. e affidarci a una leggenda che narra di una giovane imperatrice cinese, Lei-Tsu o Xi Ling Shi, giovane moglie dell’Imperatore Giallo che nel suo giardino sta sorseggiando un tè, all’improvviso, un bozzolo di un baco precipita nella sua tazza; la giovane – magari indispettita per l’accaduto – toglie il bozzolo è si accorge che si sfila; nota la lucentezza e poi, valuta la resistenza di quello strano filo e capisce che può essere tessuto. Se dalla leggenda passiamo alla storia, veniamo a sapere che, quasi sicuramente, l’allevamento del baco da seta è iniziato in Cina tra il 2500 e il 3000 a.C., anche se alcuni sostengono sia iniziato nel 600 a.C., in India. Le vesti di seta prodotte in quel periodo erano un bene di lusso e potevano permettersele solo le categorie sociali più abbienti. All’inizio, i cinesi cercarono di mantenere il riserbo sulla loro scoperta, ma ben presto, la sericoltura si diffuse in Giappone, in Corea e in India; tramite gli arabi giunge nei paesi del Mediterraneo, intorno all’anno 1000 o 1100 d.C.

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L’abbigliamento femminile nei quadri dei pittori impressionisti

L’Impressionismo cambia per sempre il modo di dipingere e nella sua aspirazione a rappresentare la realtà della seconda metà dell’Ottocento realizza anche un singolare viaggio nella moda femminile dell’epoca. di Anna Rita Rossi I pittori che aderiscono al movimento amano ritrarre i propri contemporanei nel loro ambiente e la rapidità di esecuzione e lo studio della luce e del colore sono finalizzati ad offrire una tranche de vie di quel periodo e le relazioni intercorse tra i vari personaggi rappresentati.Nelle grandi tele degli impressionisti sono numerose le scene conviviali da cui possiamo cogliere la moda del tempo, soprattutto femminile, per la ricchezza di abbigliamenti e di accessori che li completavano. Pittura impressionista ed evoluzione dell’abbigliamento si compenetrano, dando luogo a una singolare contaminazione.Fino alla rivoluzione francese, uomini e donne vestivano usando lo stesso stile: gli uni e le altre portavano colletti, nastri, cinture. All’inizio del XIX secolo, però, si assiste a un cambiamento radicale: gli uomini iniziano a portare abiti più sobri e meno appariscenti, privi di ornamenti, mentre le donne cominciano a dar maggior risalto alla silhouette, che nella seconda metà del secolo diventa una vera ossessione. Le forme geometriche che definivano la forma “ideale” del corpo si trasformano radicalmente.La struttura in crinolina, che sosteneva l’abito femminile, aveva all’inizio la forma di un triangolo con la gonna arrotondata e struttura che tendeva all’indietro; poi la crinolina comincia ad appiattirsi sul davanti, accentuando l’effetto di trascinamento della parte posteriore degli abiti. Questi cambiamenti di stile e di moda sono registrati così precisamente nei quadri degli impressionisti che la struttura stessa dei soggetti e la loro disposizione ne è influenzata. L’uomo, che ora veste di scuro e ha un abbigliamento austero, viene per lo più posto sullo sfondo dei quadri, mentre la donna è collocata davanti, in una posizione di risalto.

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Abbigliamento ecosostenibile: la scelta green per l’estate 2019

La moda sostenibile è ormai una realtà affermata. Scegliamo anche noi quest’estate vestiti e accessori realizzati nel rispetto dei principi etici e attenti alla salvaguardia del mondo che ci circonda. Proprio come le star di Hollywood. di Anna Rita Felcini Siamo nel pieno della stagione estiva, sono appena iniziati i saldi e come ogni anno siamo pronti per fare nuovi acquisti. Ma quest’anno fermiamoci un attimo a riflettere e scegliamo qualcosa di diverso. Avete mai pensato al fatto che vestiti e accessori possono avere un forte impatto sull’ambiente che ci circonda? Sono moltissime le associazioni ecologiste che promuovono da tempo la lotta per ridurre l’impatto ambientale nell’industria della moda tradizionale, incoraggiando l’eliminazione delle sostanze tossiche nei processi produttivi. Sostanze che peraltro permangono sui prodotti anche al termine della lavorazione comportando due rilevanti conseguenze: la contaminazione ambientale (non essendo biodegradabili, quando gli abiti vengono lavati, queste sostanze si accumulano nelle acque reflue, inquinando l’ambiente circostante) e lo sviluppo di alcune patologie connesse al bioaccumulo sulla pelle (un processo che porta all’agglomerazione di sostanze tossiche sull’epidermide causando problemi di diverso genere alla salute). Allora, perché quest’estate non scegliamo di indossare abbigliamento ecosostenibile? In poche parole, indumenti che non solo valorizzano il nostro aspetto, ma che sono anche il risultato di un commercio sano e sostenibile, realizzati nel rispetto di principi etici ed ambientali, capaci di garantire la qualità senza sfruttamento del lavoro, danneggiamento degli animali o dell’ambiente. Sono tantissime oggigiorno le grande aziende, ma anche i piccoli produttori, che scelgono la moda etica e optano per la produzione di linee di abbigliamento ecologico con materiali atossici e riciclabili, dimostrando maggiore attenzione durante i processi produttivi, per garantire la tutela ambientale e la salute dei consumatori. Ecco allora alcuni suggerimenti per vestiti e accessori sempre fashion, ma realizzati nel rispetto dei principi etici

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Veromarmo di Fili Pari: un tessuto per sembianze “statuarie”

Due giovani imprenditrici hanno brevettato nel 2016 il “Veromarmo”: un tessuto ottenuto aggiungendo polvere di marmo alla resina di poliuretano. di Anna Rita Rossi Francesca Pievani, di Bergamo e Alice Zantedeschi, veronese, si conoscono alla facoltà di Design del Sistema Moda del Politecnico di Milano e nel 2014 creano il brand Fili Pari (anagramma di Fripi e Ali) che rimanda al filo e al mondo tessile. Il loro prodotto, Veromarmo si ottiene dalla pietra che viene trasformata in una membrana morbida e gommosa al tatto. Il procedimento di lavorazione prevede la polverizzazione del marmo a una granulometria specifica; la polvere ottenuta è poi miscelata con delle resine, e questo prodotto è spalmato per creare una membrana molto sottile che viene accoppiata a vari tipi di tessuto: cotone, lana, neoprene e tessuto tecnico in generale, lycra, e persino organza. Veromarmo è un materiale impermeabile, traspirante, antivento, ignifugo, resistente ad acqua e vento: perfetto per una linea casual e ideale per capi sportivi. Le giacche realizzate con questo tessuto richiamano i drappeggi delle statue rinascimentali, i colori di questi capi d’abbigliamento dipendono dal marmo che dona il colore di base (si può scegliere tra grigio antracite, rosa e salmone brillante) e un effetto tattile gommato e morbido, grazie alla presenza del carbonato di calcio che compone la pietra. Tutta la produzione, dalla membrana fino ai capi di abbigliamento finali, è completamente made in Italy, essendo le due imprenditrici molto legate al territorio: la pietra utilizzata per produrre Veromarmo proviene dal bergamasco (Sovere, Endine e Zandobbio); la membrana viene prodotta da un’azienda di Verona. Inoltre, la produzione delle due geniali imprenditrici promuove la sostenibilità e la valorizzazione dei materiali. Grazie al brevetto di Veromarmo, Fili Pari ha vinto premi, tra cui Impresa per Impresa di Confindustria Verona, per le nuove iniziative imprenditoriali e

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